Psicologo Psicoterapeuta a Cagliari

Specializzata in psicoterapia individuale e di gruppo

 

Dott.ssa Benedetta Mulas

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L’autolesionismo

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L’autolesionismo è un fenomeno sempre più diffuso fra i giovani, che tuttavia permane anche nei soggetti adulti quando non viene trattato nella maniera corretta, seguendo un moderno approccio psicodinamico.
Questo consiste nell’indagare e cercare le cause del comportamento autolesionista insieme allo psicoterapeuta, in modo da arrivare all’origine e cercare di superare la problematica scatenante, tenendo sotto controllo la situazione.
Attenzione, non confondiamo questo tema con quello del suicidio, poiché si tratta quasi sempre di lievi lesioni, che servono solo a risvegliare la mente dal proprio torpore, spesso cercando una sensazione di scossa e di vita che non viene percepita nelle normali attività.
La forma maggiormente diffusa di autolesionismo è quella del cuttering, che prevede il taglio della pelle e la fuoriuscita di sangue.
Ancora, sono molte le persone che si marchiano con oggetti roventi oppure si procurano volontariamente dei lividi, beneficiando nella mente del dolore.
Secondo la psicoterapia moderna, per poter definire un comportamento autolesionista è necessario che questo sia stato perpetrato per almeno 5 giorni nell’ultimo anno.

Cosa pensa di ottenere il paziente da un comportamento autolesionista

Coloro che si procurano tagli e ferite cercano paradossalmente un sollievo da un dolore interiore che non viene codificato, mascherato da un senso di vuoto che richiede di essere riempito in una maniera fortemente nociva per corpo e mente.
La sensazione che si cerca di ottenere è positiva e benefica, ricevendo degli input scorretti dalla mente in tal senso e acquisendo questo comportamento come calmante.
Ancora, sono tanti i giovani e meno giovani che ricorrono a tale atteggiamento come modalità per risolvere dei problemi relazionali, cercando di attirare l’attenzione su di sè con un metodo che suscita sconcerto nella società.
Spesso, infatti, il gesto è compiuto da soggetti che presentano delle difficoltà interpersonali di origine antica, radicate in scorretti modelli familiari che non hanno saputo insegnare la giusta modalità interattiva al bambino.
I pensieri autolesionisti sono spesso descritti come un vortice dal quale non si riesce a uscire e assumono la connotazione di vere e proprie ossessioni se non si arriva alla radice del problema e non si cura la ferita pregressa prima di quella fisica.

L’autolesionismo come connessione con la realtà sfuggendo dal dolore interiore

Una delle motivazioni che l’ottica psicodinamica attribuisce ai comportamenti autolesionisti è la necessità di connettersi alla realtà quando si sente di vivere in una dimensione diversa a causa del dolore interiore.
Per non dover affrontare ostici fantasmi di un passato solitamente antico, sono tante le persone che optano per il dolore fisico, considerandolo molto più gestibile di quello emotivo per il quale non esiste una soluzione immediata.
Al taglio è possibile mettere un cerotto e coprirlo, il livido tenderà a sparire nel giro di alcuni giorni, la sofferenza dello spirito rimane lì come un monito che è impossibile ignorare.
Più il dolore intimo diviene pressante e voglioso di uscire, più l’ossessione autolesionista si fa prepotente, arrivando persino a marchiare il corpo con materiali incandescenti per eseguire quasi una sorta di purificazione.
Il comportamento, percepito anche dal soggetto coinvolto come socialmente inaccettabile, viene solitamente seguito da sentimenti di vergogna e disagio, celando il proprio operato dietro un abbigliamento che copre e spesso mortifica anche il corpo, che in questa fase è visto solo come un mezzo per lenire la sofferenza.

L’autolesionismo come punizione per lenire i sensi di colpa

I sensi di colpa costituiscono uno scoglio importante per molte persone che vivono un disagio psicologico.
Talvolta possono essere dettati da motivazioni reali, ma altrettanto spesso sono ingigantiti e filtrati tramite una lente interiore che risente dell’educazione ricevuta.
Nella società moderna le bambine sono le più soggette a tale condizione, in quanto sin da piccole viene insegnato ad essere dimesse e non pretendere più del dovuto, sviluppando in loro un senso di inadeguatezza e di perenne errore se avvertono un maggiore desiderio di libertà.
Allo stesso modo i bambini, spesso caricati di grandi aspettative, sentono di averle tradite non essendo all’altezza e pertanto crescendo hanno la tendenza a sentire la colpa di ogni piccolo fallimento.
In questa ottica l’autolesionismo può essere letto come una punizione che viene inflitta al proprio corpo e contemporaneamente al proprio io interiore, facendogli pagare fantomatiche colpe che con ogni probabilità non ha commesso o quantomeno della gravità che viene percepita dal soggetto.
Una famiglia fortemente critica è maggiormente portatrice di un seme di lieve violenza personale, che germoglia nell’interiorià ed esplode a seguito di accadimenti importanti ma anche trascurabili agli occhi dei più.

Quali sono i fattori di rischio da tenere sotto controllo per prevenire eventuali comportamenti autolesionisti

Seppure alcuni comportamenti autolesionisti sono ben mascherati dai soggetti che ne sono affetti, esistono dei campanelli d’allarme da non sottovalutare per evitare il sopraggiungere e l’aggravarsi della situazione.
In primo luogo la presenza di disturbi devianti e borderline della personalità, che portano ad assumere comportamenti antisociali e depressivi, come ad esempio disturbi alimentari, cleptomania e scatti d’ira.
Ancora, le persone fortemente soggette a sbalzi d’umore possono avvertire nel tempo la necessità di placare il loro mostro interiore ferendo il corpo, esattamente come avviene se si fa uso di stupefacenti, che rendono il cervello annebbiato e privo di freni morali.
L’educazione ricevuta, come detto, riveste un ruolo di primo piano nella comparsa di disturbi autolesionistici. Il senso di colpa e di inadeguatezza che molti giovani covano deriva da quello, come pure dai risultati scolastici e dagli obiettivi falliti che sono stati posti dai genitori in cerca di gratificazione tramite le proprie creature.
A livello sociale, incidono nello sviluppo autolesionista anche dei grandi traumi subiti, come ad esempio la morte di una persona cara, così come aver subito abusi di tipo fisico e mentale, che portano un senso di vergogna e colpa che non dovrebbe appartenere al soggetto danneggiato.
Relazioni negative con persone alla pari, come ad esempio amici e compagni di scuola, sono spesso causa del disturbo, poiché secondo gli studi i ragazzi vittime di bullismo tendono ad avere un comportamento autolesionistico, limitato nel tempo alla situazione di stress oppure perpetrato e continuativo.
Anche i social e i mezzi di comunicazione talvolta veicolano dei messaggi negativi in tal senso e normalizzano atteggiamenti violenti, plasmando le menti dei più piccoli e fragili a non riconoscere il corretto o lo scorretto.

Come intervenire se si riscontra un atteggiamento autolesionista

Se riscontri in una persona cara un atteggiamento autolesionista o sei tu stesso che sei caduto in questo vortice, l’unico aiuto che è possibile richiedere è quello della psicoterapia.
Molto utile è l’atteggiamento psicodinamico, che prevede un approccio interattivo con il paziente, ricercando le cause del disagio con uno scavo interiore continuo che porta a una diagnosi congiunta e una maggiore consapevolezza.
Lo scopo del percorso è determinare quali situazioni comportano una condizione di disagio e stress tale da spingere la persona a punire il proprio corpo, individuando sia il profilo psicologico del paziente sia le motivazioni specifiche che riguardano solo la sua storia.
Non sarà sempre facile uscire da questo schema distruttivo, ma è comunque possibile se si ha la fortuna di trovare un abile psicoterapeuta che sappia instaurare un rapporto collaborativo che porti il paziente stesso a partecipare in modo attivo e dinamico alla sua guarigione.
Uscire dal vortice dell’autolesionismo è possibile ma richiede una forte volontà e determinazione, che si costruisce eliminando in parte i sensi di colpa e il senso di inadeguatezza che sono instillati nella persona a causa dell’educazione o di traumi subiti nel corso della vita, a livello sociale e personale.

Dott.ssa Benedetta Mulas Psicologo e Psicoterapeuta a Cagliari

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