Psicologo Psicoterapeuta a Cagliari

Specializzata in psicoterapia individuale e di gruppo

 

Dott.ssa Benedetta Mulas

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Le funzioni dell’amico immaginario nella vita del bambino

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Analizzare i bisogni che spingono un bambino, negli anni della propria infanzia, a crearsi un      compagno immaginario e, al contempo, esaminare le funzioni che quest’ultimo può assumere nel soddisfare le esigenze del suo piccolo creatore, è senza alcun dubbio un compito estremamente complesso. Quello dei compagni immaginari è un fenomeno difficile da definire o da inquadrare in concetti e classificazioni sicuri; si può con tranquillità affermare che gli amici inventati sono tanto differenti, quanto lo sono i bambini che li hanno creati. È dunque evidente, che i ruoli e le funzioni che essi vengono ad avere, differiscono di caso in caso, in rapporto alle situazioni e alle necessità che li hanno determinati, ma anche al passare del tempo. Per un certo periodo di tempo, questi personaggi accompagnano la crescita del bambino, crescendo e maturando anch’essi; può accadere che un compagno immaginario, creato inizialmente per puro e semplice divertimento all’interno di una situazione di gioco simbolico o di un’evoluzione ulteriore di quel rapporto particolare che ogni bambino instaura con il proprio peluche preferito, assolva poi, man mano che il tempo passa, altre funzioni, e diventi ad esempio fonte di conforto per il bambino nei momenti difficili o alleato prezioso nella lotta contro le sue paure. Altre volte, invece, può succedere il contrario, e cioè che l’amico, inventato in risposta ad un bisogno emotivo specifico, si riveli poi un compagno di giochi senza rivali, che, oltre ad aiutare, può anche divertire. In realtà è molto difficile comprendere quale sia il motivo fondamentale della creazione di questi personaggi, perché, al di là della loro diversità gli uni dagli altri, il bambino arriva a compiere tanti tipi diversi di attività con essi, dal gioco, al confidarsi, al far riferimento su di esso per combattere ansie e paura, per cui risulta molto difficile ad un osservatore esterno sbrogliare questa matassa intricata ed individuarne il bandolo,  comprendere e mettere ordine in tutti i compiti e le mansioni che il piccolo attribuisce al suo amico inventato e che questi, prontamente, esegue.  Va anche sottolineato che molti degli studi, che hanno analizzato le possibili funzioni del compagno immaginario, hanno largamente contribuito all’associazione tra tale fenomeno e la psicopatologia; il fenomeno del compagno immaginario, soprattutto negli studi degli psicanalisti, è stato considerato all’interno dei casi clinici di cui i vari studiosi si occupavano e, sebbene talvolta venga anche sottolineato come esso non sia il motivo del ricovero o del trattamento e non gli siano comunque mai attribuite quelle caratteristiche di persecutorietà o minacciosità considerate nel capitolo precedente, rimane comunque un’impressione negativa difficile da combattere e che va, anzi, ad associarsi a tutti gli altri pregiudizi, di cui si è parlato. E’ vero che, spesso, il compagno inventato compare in bambini che hanno problemi di tipo emozionale, che hanno subito traumi, che vivono o hanno vissuto situazioni stressanti, ma non c’è molto da meravigliarsi; l’uso della fantasia è il modo più sano un bambino possa usare, e che gli adulti spesso invece dimenticano di possedere, per affrontare le proprie ansie e i propri problemi. Che questi ultimi siano piccoli, come nel caso di quei bambini che usano il proprio amico inventato per evitare la sgridata della mamma nel caso rompano qualcosa, o più gravi, come in quello di bambini che si servono del personaggio immaginario come fonte di conforto contro una realtà traumatica o come compensazione di un handicap, il meccanismo resta identico: il bambino usa la sua immaginazione, non per scappare dalla realtà, ma per riuscire ad affrontarla nel modo migliore: “nel gioco il bambino si fa presente a se stesso…non evade dalla realtà, ma cerca anzi una propria collocazione nella medesima”.  Non c’è neanche da sottolineare, dunque, che, se da un lato bambini problematici spesso possono creare compagni immaginari, dall’altro avere un amico inventato non significa automaticamente che chi lo inventa abbia problemi. Dunque, si può dire che i compagni immaginari, sia che ci si riferisca a situazioni infantili normali o particolari, svolgono tre funzioni fondamentali per lo sviluppo della personalità dei bambini che li inventano; sanno rassicurare, dunque offrire un appoggio incrollabile ai loro piccoli creatori; sanno consolare, dare conforto nei momenti difficili del “diventare grandi”; sanno compensare la loro fragilità o i limiti che l’essere piccoli impone. Tali funzioni separatamente non devono essere considerate come compartimenti stagni; non si deve cioè pensare che il compagno immaginario sia solo un consolatore o una figura rassicurante o un compensatore. La straordinarietà di questa creazione sta nel fatto che esso assume, nella maggior parte dei casi, più ruoli contemporaneamente, a seconda delle necessità e dei bisogni emotivi del proprio creatore; in altre parole, il compagno immaginario, in certi momenti può essere un compagno di giochi senza rivali, che usa le sue caratteristiche speciali per far vivere al bambino avventure senza fine, in altri può diventare una valvola di sfogo e un consolatore dolce e comprensivo, in altri ancora può ascoltare i dubbi e le preoccupazioni del bambino e rasserenarne l’anima, rassicurandolo. Il bambino, infatti, acquisisce nell’interazione quotidiana con il proprio Doppio di Sé, informazioni continuamente aggiornate necessarie alla costruzione della propria immagine, al consolidamento della rappresentazione cognitiva che egli ha di se stesso e, allo stesso tempo, sperimenta e migliora le capacità che sono fondamentali nell’interazione con gli altri, con gli abitanti “reali” dell’ambiente che lo circonda. L’amico immaginario risulta una presenza costante, sicura nella vita del proprio creatore, un vero e proprio punto di riferimento; la sua capacità di adempiere a compiti così fondamentali nel processo di sviluppo della personalità del piccolo, permette a quest’ultimo di conoscersi sempre meglio, di sentirsi rassicurato e supportato in ogni momento, di sopportare nel modo più sano i conflitti e le tensioni che può provare, di sperimentare ruoli sempre diversi e di imparare l’arte del “vivere con gli altri”. In altre parole, il bambino, che si immerge in questo straordinario rapporto col proprio amico immaginario, trova in esso un insostituibile compagno di viaggio nei propri anni magici e un infaticabile aiutante in quel lavoro, difficilissimo e faticosissimo, che è crescere.

Dott.ssa Benedetta Mulas Psicologo e Psicoterapeuta a Cagliari

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