Psicologo Psicoterapeuta a Cagliari

Specializzata in psicoterapia individuale e di gruppo

 

Dott.ssa Benedetta Mulas

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La controdipendenza: paura di legarsi

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Vi è mai capitato di frequentare una persona piuttosto sfuggente ma allo stesso tempo amabilmente socievole, che elude ogni tentativo di storia seria improntandola solo sul sesso o su un piano superficiale, rifiutandosi così di instaurare un vero legame per timore di affezionarsi? È quanto accade nella cosiddetta contro-dipendenza affettiva, intesa come una intensa paura di legarsi che interferisce significativamente sulle relazioni interpersonali, soprattutto di coppia.

Le caratteristiche del legame anti dipendente

Questi sono solo alcuni dei principali elementi che emergono da un individuo che basa i propri legami affettivi sulla contro-dipendenza affettiva. Tale condizione si manifesta attraverso un forte ostracismo all’attaccamento e in cui si nega per definizione il bisogno dell’altro, rivendicando l’autosufficienza in tutto, anche quando sono in ballo i propri sentimenti. L’idea distorta della propria identità emotiva del sé e dell’altro può riversarsi su più tipologie di rapporti: da quello amoroso, a quello parentale passando per l’ambito amicale. Il leitmotiv che accompagna ogni dinamica relazionale rimane la percezione, assolutamente ingannevole, di non aver bisogno dell’altro, che si può fare a meno dell’aiuto come della complicità emotiva altrui.

Il contro-dipendente, insicuro e profondamente timoroso dell’affettività tanto da eludere ogni situazione che possa innescarla, trova un ingranaggio diabolicamente perfetto in coloro che basano i propri rapporti sulla dipendenza affettiva. In effetti, chi meglio può soddisfare le esigenze relazionali (disfunzionali) di un contro dipendente se non un affettivo dipendente che ricerca compulsivamente un partner che non fa altro che allontanarsi? L’affettivo dipendente cercherà con tutte le sue forze di raggiungerlo, mentre il contro-dipendente continuerà la sua perenna corsa in uno stile relazionale fuggitivo. Le dinamiche relazionali sono giustificate dal secondo a causa del comportamento opprimente del dipendente, portando così la controparte all’interno di un vortice potenzialmente infinito.

Il contro dipendente: una personalità evitante e sfuggente

In inglese esiste un termine, “flight animal” per definire alcuni animali, tra cui il cavallo, che fuggono via per istinto al minimo rumore o oggetto considerato potenzialmente pericoloso per timore di esser predati. Metaforicamente parlando, anche il contro-dipendente proprio come il flight animal sfugge al minimo tentativo di legame serio per non diventare vittima dell’altro e non dipendervi.

Ma quali sono le cause che possono favorire lo sviluppo di legami basati sulla contro-dipendenza? Come spesso accade, nelle relazioni adulte non si fa altro che emulare la tipologia relazionale appresa in età infantile. L’individuo in questione, spesso, nasce in contesti familiari scarsi dal punto di vista affettivo o sentimentale, il che può arrestare in parte lo sviluppo dell’intelligenza emotiva e portare di fatto a far percepire al bambino (e in seguito all’adulto) i propri bisogni come non importanti o avvertiti in modo eccessivo semplicemente perché non ascoltati né soddisfatti. È possibile che, in altri casi, il bambino abbia addirittura dovuto prendersi cura del genitore o di fratelli minori, accantonando i suoi bisogni per soddisfare quelli ritenuti più importanti e necessari.

Tali esperienze deprivanti possono condurlo, in età adulta, a maturare un profondo senso di inettitudine e un’ipersensibilità nel giudizio altrui, da cui deriva una difficoltà ad esternare i propri sentimenti con la conseguente impossibilità a instaurare un rapporto serio, prolungato e paritario. Bisogna poi ricordare la tendenza a sviluppare sintomi ansiosi o depressivi derivanti dal senso di inadeguatezza e precarietà del rapporto che si concretizzano in continui litigi appagati da un’intensa attività sessuale.

Il timore del rifiuto più volte citato non fa rima, tuttavia, con l’isolamento sociale: al contrario spesso il contro-dipendente conduce un’intensa vita comunitaria partecipando a feste ed incontri che gli offrono infinite opportunità di conoscere e divertirsi con terzi. Ciò che li distingue, tuttavia, è la difficoltà ad andare oltre la semplice conoscenza, a creare un legame profondo che mira alla vera condivisione. Ciò vuol dire che, nonostante il soggetto ami entrare in contatto con svariate realtà, il legame spesso non matura e tende a svilupparsi solo su una linea orizzontale e non verticale, senza proseguire oltre la fase iniziale.

Come uscirne: la terapia per i contro-dipendenti

Contro-dipendenza, anaffettività, dipendenza affettiva: seppur con sintomi e caratteristiche assai diverse, il trittico patologico trova come fondamento una difficoltà ad instaurare un rapporto paritario e funzionale con l’altro. Il contro-dipendente, che non desidererebbe in cuor suo affidarsi agli altri, dovrà cercare di contribuire con il professionista per creare una buona alleanza terapeutica utile al superamento del problema. 

Attraverso training mirati ed interventi di ristrutturazione cognitiva, potrà maturare la consapevolezza nel riconoscere e sperimentare il suo sé emotivo. Soprattutto se il soggetto sfocia in un io delirante di tipo narcisistico, potrebbe essere utile ricondurre l’individuo a percepirsi alla stregua degli altri, favorendo un contatto autentico con i propri bisogni affettivi. Il lavoro di introspezione mira quindi all’acquisizione della consapevolezza della propria sfera emotiva nonché al suo potenziale espressivo, passi propedeutici che servono ad instaurare un proficuo rapporto con l’altro -di qualsiasi natura esso sia-. 

Per far recuperare la fiducia al paziente, il terapeuta può invitarlo ad eseguire degli esercizi da mettere in pratica nella quotidiana relazione con parenti, amici o il partner. In tal modo, il soggetto potrà imparare a riconoscere i desideri e bisogni propri e altrui, allenandosi come avrebbe dovuto fare naturalmente durante la fase di crescita. È bene ricordare che, non avendo la possibilità di fare un tuffo nel passato per riscrivere la propria storia, con l’aiuto della terapia il contro dipendente potrà comprendere e venire a patti con le proprie antiche ferite e il suo terrore di fidarsi, potendo così prendere in mano le redini della propria vita e riscrivendo un nuovo capitolo da cui dipende solo ed esclusivamente la sua volontà. L’esempio e la condotta genitoriale, anche se effettivamente non sono stati esemplari, non dovrebbero mai rappresentare un ostacolo insormontabile tale da eludere l’inizio di uno stile di vita qualitativamente migliore. 

La psicoterapia può contribuire notevolmente nell’acquisire risorse utili a sviluppare relazioni funzionali. Così facendo la persona impara a prendersi cura dell’altro favorendo uno scambio bilanciato e attento ai bisogni propri e altrui. Il fine ultimo è pertanto rappresentato dallo smascherare il tipico motto del contro-dipendente, sostituendolo con una sana e naturale voglia di amare ed essere amato.

Dott.ssa Benedetta Mulas Psicologo e Psicoterapeuta a Cagliari

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