Dott.ssa Benedetta Mulas
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Secondo Jung ciascuno di noi possiede una controparte associata al sesso opposto rispetto a quello di appartenenza. Questa componente gioca un ruolo cruciale nel nostro funzionamento psicologico e relazionale, secondo variabili strettamente correlate al grado in cui entrambe le controparti si integrano ed esercitano la loro funzione nella vita di tutti i giorni.
Femminile e maschile: due componenti interconnesse
Secondo Jung ogni persona possiede al suo interno una controparte femminile e maschile, elemento che si riflette a livello biologico e psicologico. La controparte femminile insita nell’uomo, come il suo opposto, presenta una funzione mediatrice agendo come una sorta di ponte che unisce il Sé e l’inconscio.
Jung nominò Anima la componente femminile presente nell’uomo, mentre impiegò il termine Animus per rappresentare il suo opposto. La concezione junghiana di Anima si differenzia nettamente dall’equivalente semantico che attribuiamo a questo termine in ambito religioso o filosofico. Allo stesso modo, Anima e Animus non rappresentano la mente nella sua totalità; Jung impiega entrambi i termini per riferirsi a due tra i tanti archetipi della psiche.
Durante tutto l’arco di vita Anima e Animus agiscono come una guida che orienta la persona nell’esplorazione di sé stessa e del mondo che la circonda, talvolta ostacolando il benessere individuale a causa di meccanismi disfunzionali dettati dalla scarsa consapevolezza della propria natura.
L’Anima come sede dell’emotività
Jung ha sottolineato la complementarietà tra conscio e inconscio e il ruolo che gli archetipi rivestono nelle dinamiche psichiche. Nello specifico, l’Anima presenta una funzione mediatrice tra la psiche intesa in senso ampio, che secondo l’autore possiede una natura prevalentemente inconscia, e l’Io. L’Anima rappresenta pertanto la componente femminile dell’uomo e l’atteggiamento che l’individuo rivolge verso l’interno, al contrario del concetto di Persona con cui Jung indica l’atteggiamento verso l’esterno.
Il concetto di Anima si rifà al concetto di base della psicologia junghiana basato sulla complementarietà tra conscio e inconscio. Secondo questo principio nessun uomo può considerarsi tanto virile da non possedere qualità femminili e lo stesso vale per il genere maschile.
In entrambi i casi la componente controsessuale deve essere integrata in quanto la rimozione dei tratti dei due archetipi non permette all’individuo di vivere la propria essenza in modo unitario e complementare. In particolare l’Anima rappresenta l’archetipo dell’emotività, dell’accoglienza e della creatività e può apparire nei sogni personificata sotto forma di moglie, madre o figlia in base alla figura femminile su cui si proietta nelle diverse fasi di vita.
Nell’uomo la mancata integrazione dell’archetipo femminile può emergere attraverso problematiche nell’autoregolazione emotiva espresse attraverso ansia, irrequietezza o eccessivo sentimentalismo, mentre il non riconoscimento dell’Anima può sfociare nella stanchezza, nella rassegnazione o nell’irresponsabilità.
L’Animus e la fantasia dell’eroe: effetti della mancata integrazione
L’Animus è invece l’archetipo maschile presente nella psiche della donna e rappresenta ciò che la unisce al mondo dello spirito. Questa componente emerge nei sogni e nelle fantasie personificate nell’archetipo del dio o dell’eroe e si attiva quando la coscienza limita o rifiuta gli istinti inconsci e, prendendo il sopravvento, porta la persona ad annullare il proprio lato femminile dedito all’amore e al calore umano, facendo prevalere l’aggressività e l’indole litigiosa tipica della mascolinità.
Anima e Animus si costituiscono a partire dalle prime esperienze di vita, nel secondo caso dapprima utilizzando come modello il padre o il fratello, per poi plasmarsi sulle proiezioni degli uomini che la donna incontra nella propria storia di vita.
Anche nel genere femminile, la mancata integrazione dell’archetipo del sesso opposto può generare dinamiche conflittuali dettate dalla prepotenza, dall’aggressività e dalla testardaggine che si riflettono anche nel rapporto di coppia. Ciò vale per la scelta del partner, ma anche e soprattutto per i pattern disfunzionali che portano la donna a rappresentare la relazione di coppia come una lotta, impedendole di lasciarsi andare completamente o generando problemi di comunicazione a causa della tendenza ad avere sempre l’ultima parola nel dialogo.
Archetipo femminile e maschile nel lavoro psicoterapeutico
La compresenza di due istanze così distinte e apparentemente inconciliabili rende necessario raggiungere un equilibrio come risultato dell’integrazione psichica di queste due polarità, permettendo alla donna di interiorizzare i propri lati assertivi e all’uomo di accogliere e integrare le componenti più vulnerabili ed emotive.
Tale integrazione consente alla persona di conoscersi da vicino rendendola consapevole della propria natura. Ciò avviene non evitando il conflitto, tema primario nel pensiero freudiano che in Jung assume un ruolo centrale inteso come necessaria accettazione della propria dualità.
Oltre alle problematiche legate all’identità, la mancata integrazione di queste componenti è spesso oggetto di lavoro in psicoterapia soprattutto durante le sedute familiari o di coppia. Nel secondo caso, ad esempio, è utile rielaborare le esperienze di vita tenendo conto delle quattro componenti che costituiscono il rapporto tra i partner. Il fine ultimo è favorire il processo di individuazione mediante l’integrazione degli archetipi del sesso opposto e la conseguente riduzione dei meccanismi conflittuali basati sulla proiezione che rendono difficile raggiungere un buon equilibrio a livello individuale e relazionale.
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