Psicologo Psicoterapeuta a Cagliari

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Dott.ssa Benedetta Mulas

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Il Perturbante di Freud e l’Ombra di Jung

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Nel 1919, Freud pubblica un suo saggio dal titolo “Das Unheimlich”, tradotto in Italia col titolo di “Il perturbante“. In realtà, Freud stesso sostiene come nella lingua italiana, e così in quella portoghese, non esista un termine esatto che corrisponda al significato di quello tedesco: “unheimlich potrebbe esser reso volta a volta con inquietante, sinistro, non confortevole, sospetto, ambiguo, infido, e designa comunque una sensazione di insicurezza, inquietudine, turbamento o disagio, suscitata da cose, eventi, situazioni o persone” . Egli definisce l’unheimlich, il perturbante, come “quella sorta di spaventoso che risale a quanto ci è noto da lungo tempo, a ciò che ci è familiare”  e convalida questa interpretazione attraverso una interessante analisi linguistica del termine tedesco.

La parola “unheimlich” è l’antitesi dell’aggettivo “heimlich”, che può significare: “familiare, domestico, fidato, intimo” ma anche “nascosto, celato, da non far sapere”. Ciò significa che la parola “heimlich”, nella sfumatura di significato di “nascondere, tenere celato” viene a coincidere con “unheimlich”, che resta il contrario unicamente del primo significato indicato, ossia “familiare”. Il termine “heimlich” porta quindi in sé due sfere di concetti, tra loro abbastanza lontani (la familiarità e il celare, l’intimità e ciò che deve stare nascosto), e sviluppa la sua non-univocità, la sua ambivalenza, fino a coincidere col suo contrario.

Questa doppiezza di significato insita nel termine tedesco, questa unione di rappresentazioni quasi opposte è utile a Freud per introdurre e rendere comprensibile l’analisi di quei casi in cui fa la sua comparsa il perturbante. E quale esempio migliore, “tra i motivi che esercitano un effetto perturbante” , di quello del Doppio, del Sosia? Freud rende omaggio a questo punto al lavoro condotto dal suo giovane allievo Rank, riassumendo la sua opera e riprendendo il concetto per cui il sosia avrebbe rappresentato originariamente una difesa contro l’annullamento dell’Io e sarebbe stato quindi, per usare le parole di Rank stesso, una “energica smentita del potere della morte”.

La creazione del Doppio (l’Ombra, i riflessi sull’acqua e in seguito i concetti di immortalità dell’anima), come protezione dalla morte e quindi dall’annientamento dell’Io, nasce, per Freud, “sul terreno dell’amore illimitato per se stessi, del narcisismo primario che domina la vita psichica sia del bambino che dell’uomo primitivo, e, col superamento di questa fase, muta il segno del sosia, da assicurazione di sopravvivenza esso diventa un perturbante presentimento di morte” . Dunque, questo significa che la rappresentazione di questa figura cambia e muta in rapporto allo sviluppo dell’Io e quell’istanza, definita autocritica o coscienza morale, che ha il compito di giudicare l’Io, conferisce al Doppio nuovi contenuti e nuovi ruoli.

Perciò, afferma Freud, oltre a tutto ciò che la coscienza morale giudica sconveniente (in quanto appartenente alla fase del narcisismo ormai superata), nel concetto del Doppio possono essere incluse anche tutte le possibilità non realizzate che potrebbero accadere e a cui la fantasia si aggrappa ancora, le aspirazioni dell’Io che il destino ingrato non ha permesso si realizzassero e tutte le decisioni della volontà che sono state represse. E conclude: “il carattere perturbante del sosia può trarre origine soltanto dal fatto che il sosia stesso è una formazione appartenente a tempi psichici remoti e ormai superati, nei quali tale formazione aveva comunque un significato più amichevole. Il sosia è diventato uno spauracchio così come gli dei, dopo la caduta della loro religione, si sono trasformati in demoni”.

E quale immagine può essere più efficace? Detto questo, appare certo più chiaro come la parola “heimlich” possa scivolare sino a coincidere col suo contrario “unheimlich”: il perturbante non è nulla di nuovo, ma anzi è qualcosa che la vita psichica conosce sin dai tempi più remoti e che è diventato estraneo, nascosto a causa del processo di rimozione. E l’elemento dell’angoscia sta proprio nel fatto che questo rimosso a volte ritorna e va a costituire il perturbante, come nel caso dei nostri Doppi.

Jung, nelle sue teorizzazioni, non parla di Doppio o Sosia, ma introduce nella psicologia analitica il concetto fondamentale di “Ombra“, che classifica anche come archetipo. Egli definisce la psiche come “una totalità che è conscia e inconscia allo stesso tempo”. La coscienza individuale (che è il prolungamento di quella collettiva) è indissolubilmente legata e stabilisce un rapporto di reciproca interazione con l’Io; quest’ultimo ha un posto di estremo rilievo nella totalità della psiche e assume la funzione fondamentale di rapportarsi col mondo interiore e con quello esterno.

L’inconscio personale contiene i contenuti psichici propri di ogni individuo che non fanno parte della coscienza, ma che sono comunque suscettibili di arrivarvi; in “Psicologia dell’inconscio”, Jung lo definisce come ciò che “contiene ricordi che sono andati perduti, rappresentazioni penose rimosse…percezioni sensorie che non sono abbastanza intense da raggiungere la coscienza e infine contenuti che non sono ancora maturi per la coscienza” ; e aggiunge “esso corrisponde alla figura, variamente presente nei sogni, dell’Ombra”. In nota chiarisce poi quest’ultimo concetto affermando: “col termine di Ombra intendo il lato negativo della personalità, e precisamente la somma delle caratteristiche nascoste, sfavorevoli, delle funzioni sviluppatesi in maniera incompleta e dei contenuti dell’inconscio personale” .

L’Ombra rappresenta quindi tutti quei contenuti psichici che sono stati rimossi e vanno a costituire lo strato dell’inconscio personale e tutti quegli aspetti primitivi e disprezzabili, inaccettabili per l’Io. Ma quanto più tali contenuti vengono scacciati dalla coscienza, quanto più l’uomo non accetta di portare con sé il suo passato, ossia “l’uomo primitivo e inferiore con tutte le sue bramosie e le sue emozioni”, tanto più tutto questo diventerà per lui estremamente pericoloso.

“Ognuno di noi è seguito da un’Ombra e, meno questa è incorporata nella vita conscia dell’individuo, tanto più è nera e densa. Se un’inferiorità è conscia si ha sempre la possibilità di correggerla…Ma se è rimossa e isolata dalla coscienza, essa non viene mai corretta. Sussiste allora inoltre il pericolo che in un momento di disattenzione erompa improvvisamente” . È questo un concetto fondamentale nella teorizzazione di Jung: non possiamo sfuggire ai nostri errori, al nostro lato oscuro, alla nostra inferiorità.

Siamo molto peggiori di quanto crediamo o immaginiamo di essere, ci ricorda nelle stesse pagine; ma quanto più siamo in grado di affrontare questa negatività, tanto più potremo evitare danni, quanto più evitiamo di rimuovere l’uomo inferiore che abita in noi, tanto più gli impediremo di ribellarsi e di farci del male. L’Ombra è dunque la notte della coscienza, ma è anche terreno fertile in cui la coscienza può trovare nutrimento; essa non cela solo il male, “comprende fra l’altro delle qualità inferiori, infantili e primitive, che in un certo senso renderebbero l’esistenza umana più vivace e bella; ma urtano contro regole consacrate della tradizione” , ossia contro le regole della società, contro la consapevolezza dell’Io (un po’ come il perturbante di Freud, che dall’avere un carattere amichevole passa nell’epoca moderna ad essere spauracchio, annunciatore di morte).

In quanto tale l’Ombra va conosciuta ed affrontata anche nei suoi tratti più penosi e conturbanti. Occorre darle voce, non proiettarla sugli altri al fine di evitare l’incontro doloroso col nostro alter ego oscuro, il nostro Doppio; solo così esso non ci procurerà dolore, non si trasformerà in persecutore, come Mr. Hyde col buon dottor Jekyll.

L’individuazione, ossia quel processo fondamentale di sviluppo psichico, che costituisce l’esperienza principale dell’individuo nella propria vita e consiste nella “ricerca e realizzazione del proprio progetto esistenziale”, nella “attuazione o realizzazione del proprio Sé”, nella “scoperta della propria autenticità” inizia proprio “quando si riesce a prendere coscienza dell’Ombra”. Solo integrando nel nostro essere la parte umbratile ed oscura che appartiene ad ognuno di noi, potremo far sì che l’energia sotterranea che essa nasconde e assorbe divenga disponibile all’Io e che tutti i contenuti positivi che la formano ci permettano di “attingere a tutto un livello celato di potenzialità individuali” .

Dott.ssa Benedetta Mulas Psicologo e Psicoterapeuta a Cagliari

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