Psicologo Psicoterapeuta a Cagliari

Specializzata in psicoterapia individuale e di gruppo

 

Dott.ssa Benedetta Mulas

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Il Masochismo

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Il DSM IV, il Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali, definisce il Disturbo di Personalità Autofrustrante (una volta detto Disturbo Masochistico di Personalità) come un modello pervasivo e ripetitivo di comportamento che impedisce al soggetto di trarre appagamento e gratificazione dalle situazioni o dalle dinamiche relazionali che vive.

La persona, scegliendo e preferendo situazioni frustranti e dolorose a quelle più funzionali e sane, si trova imbrigliato costantemente nella delusione, nel non appagamento dei propri bisogni, nel senso di fallimento.

E’ come se, inconsciamente, andasse alla ricerca delle situazioni lesive, ripetendo gli stessi copioni disfunzionali, impigliato in quella “coazione a ripetere” il trauma che Freud aveva descritto così bene.

Il paziente con questo tipo di personalità sperimenta come suo atteggiamento nel mondo la posizione di “vittima”, si vota al sacrificio, dimentica se stesso e i propri bisogni vitali a favore di qualcosa o qualcun’altro. E’ come se fosse incapace di fare scelte “buone”, arricchenti, avvertendo con grande senso di colpa l’affermazione delle proprie necessità. Spesso il suo “votarsi” agli altri non viene compreso, dal momento che non richiesto, e questo genera rifiuto da parte del prossimo nei suoi confronti, cosa che il soggetto ovviamente non riesce a spiegarsi né a comprendere.

Il soggetto che agisce con comportamenti autodistruttivi non ne è ovviamente consapevole e mira all’ottenimento di risultati positivi. Si può dire che abbia una grande incapacità a discernere e distinguere i comportamenti funzionali da quelli insani e controproducenti, tendendo a rimanere nelle situazioni delusive e fallimentari e rifiutando le possibilità di felicità con senso di colpa, depressione, autolesionismo e dolore.

Una diagnosi di disturbo di personalità autofrustrante si basa sulla presenza di almeno cinque dei seguenti criteri, che devono essere presenti per lungo tempo e non devono essere conseguenza di altri eventi traumatici (come situazioni abusanti dal punto di vista fisico, sessuale o emotivo):

– Sceglie persone e situazioni che portano al fallimento o al maltrattamento anche quando potrebbe chiaramente selezionare opzioni più sane;

– Rifiuta l’aiuto e il sostegno degli altri nei suoi confronti;

– Reagisce con depressione, senso di colpa, dolore o con comportamenti auto-lesivi agli eventi personali positivi;

– Provoca rabbia o rifiuto da parte degli altri e poi si sente male, fallito ed umiliato;

– Non riconosce le opportunità piacevoli o è riluttante a riconoscere la possibilità di godere di se stesso;

– Non riesce a svolgere compiti fondamentali per raggiungere i propri obiettivi personali nonostante possegga le risorse e le competenze per farlo;

– Rifiuta o non si interessa  alle persone che lo trattano bene;

Si sacrifica per il prossimo anche quando ciò non è richiesto.

Le origini della personalità masochistica possono essere rintracciate in determinate modalità nei primi legami oggettuali e di attaccamento della persona e più specificatamente nella fase dello sviluppo psicofisico in cui il bambino inizia a sperimentare il proprio senso di se stesso, la propria autonomia, il bisogno di esprimersi e di opporsi ai propri genitori. Con lo sviluppo del linguaggio, della locomozione e della memoria, il bambino acquisisce infatti la capacità di agire in maniera più libera e indipendente dalle figure di accudimento. Se tale bisogno sano di espressione e sperimentazione di sé viene vissuto dai genitori con ansia e “livore”, essi tenderanno a reprimerlo e bloccarlo convinti di fare il bene del piccolo. I genitori saranno invadenti e controllanti, esponendo il bambino a una situazione di continua sopraffazione e blocco della propria libertà, costringendolo (perchè egli non può opporsi e distruggere l’oggetto d’amore da cui dipende) ad adattarsi, a reprimere i propri impulsi aggressivi e a sviluppare una personalità compiacente e servile, con tratti passivo-aggressivi negati e inconsci. Il diritto negato è quello all’affermazione e all’indipendenza, l’adattamento dell’Io è “sarò un bravo bambino, così come tu mi vuoi” e l’illusione che l’Io continua a perseguire nel proprio copione di vita è “non posso ribellarmi, se lo faccio tu mi abbandonerai”.

Resta quindi inconscio, nell’adulto masochista, un enorme serbatoio di rabbia che può venire fuori in maniera passiva o solo quando l’altro esprime la propria aggressività e il masochista si sente dunque “giustificato” a tirare fuori la propria. I continui fallimenti mantengono il paziente nel suo pantano. Dentro questo pantano, il masochista piagnucola e si dimena e non appena qualcuno gli tende la mano per portarlo via da lì, lui la allunga per far cadere anche lui. Non è ovviamente una volontà cosciente, ma il risultato di quanto vissuto e del grande senso di inferiorità che caratterizza tale personalità.

Nel trattamento terapeutico è dunque fondamentale creare un ambiente di fiducia e una buona alleanza terapeutica, in modo da permettere al paziente di liberarsi del suo fardello, dei vissuti passati che lo condannano a una perenne infelicità e frustrazione. Dare la possibilità alla persona di riappropriarsi della propria possibilità di affermarsi, di dire di no, di opporsi e rifiutare ciò che non è sano per se stesso, sono i principali obiettivi della terapia con individui dalla personalità masochistica. Solo liberandosi dei dogma interiori a non mostrarsi, a non opporsi, a non essere se stesso, la persona potrà agire in maniera libera rispetto alle situazioni che incontra e alle dinamiche relazionali che mette in atto.

Dott.ssa Benedetta Mulas Psicologo e Psicoterapeuta a Cagliari

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